mercoledì 8 gennaio 2020

Di Guardo e altri (intercettazioni con captatore informatico) - Cass. pen., sez. VI, sent. n. 15573/17.

Ai fini dell'utilizzabilità delle intercettazioni di comunicazioni tra presenti mediante l'installazione di un "captatore informatico", consentite nei soli procedimenti di criminalità organizzata, è ammissibile, da parte del tribunale del riesame, la riqualificazione come reato appartenente a tale categoria del fatto esposto nella richiesta di autorizzazione del pubblico ministero e nel provvedimento emesso dal G.i.p., in quanto ciò che conta è che il fatto, sebbene sussunto sotto altre figure di reato, sia qualificabile come delitto di criminalità organizzata.

Nel caso di specie, i ricorrenti affermavano che l'iscrizione, a loro carico, nel registro delle notizie di reato, per il capo di imputazione di cui all'art. 416 cp (associazione per delinquere: tre o più persone si associano per commettere delitti), era avvenuta successivamente alle captazioni, le quali dovevano dunque ritenersi inutilizzabili.

La Cassazione, dopo aver richiamato la sentenza Scurato nella parte in cui richiede sufficienti, sicuri e obiettivi elementi indiziari ai fini della qualificazione del fatto di reato quale fatto di criminalità organizzata (nel cui ambito va ricompreso l'art. 416 cp), enunciava il principio esposto nella massima: è ammessa la riqualificazione giuridica dei fatti da parte di un giudice diverso da quello che ha disposto l'intercettazione al fine di affermare la sussistenza dei presupposti di ammissibilità delle operazioni captative. Giudicava dunque ammissibile la riqualificazione giuridica dei fatti da parte del tribunale in sede di riesame, risultando irrilevante che l'iscrizione nel registro delle notizie di reato della fattispecie associativa fosse avvenuta dopo l'autorizzazione del peculiare strumento d'indagine che è l'intercettazione; unica condizione, affinché la soluzione proposta sia possibile, è che i fatti indicati nella richiesta del pubblico ministero e ritenuti sussistenti dall'autorizzazione del gip siano correttamente qualificabili a norma dell'art. 416 cp; e nessuna violazione del contraddittorio, o del diritto di difesa, ne deriva: la decisione del tribunale del riesame è sindacabile in sede di legittimità, ed anzi la misura coercitiva o interdittiva confermata ex art. 309, c. 9, cpp, può essere revocata all'esito dell'istanza di cui all'art. 299 cpp, all'esito di nuove deduzioni.
Ancora, il controllo sulla sussistenza dei presupposti per il legittimo svolgimento dell'attività di intercettazione è consentito anche nel corso dell'udienza preliminare e nel successivo giudizio di merito.

Tra i motivi della decisione, la Corte sottolinea la differenza tra la difettosità della motivazione (pur presente) e la motivazione radicalmente mancante, come ben enunciata dalle sez. U. Primavera, n. 216665/00: la difettosità della motivazione è integrata da una fattispecie di incompletezza, insufficienza, non perfetta adeguatezza, sovrabbondanza con slabbrature logiche, vizi che non negano la giustificazione ma la rendono non puntuale, e che sono emendabili dal giudice cui la doglianza sia prospettata, sia esso il giudice di merito che deve utilizzare i risultati delle intercettazioni ovvero il giudice dell'impugnazione.

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